“NERO CHAMPAGNE” bocciato: il Tribunale UE tutela la DOP “Champagne”

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Con sentenza del 25 giugno 2025 (causa T-239/23), il Tribunale UE (TUE) ha accolto il ricorso del Comité interprofessionnel du vin de Champagne (CIVC) e dell’Institut national de l’origine e de la qualité (INAO) contro la domanda di registrazione del marchio denominativo “NERO CHAMPAGNE” depositata dalla società italiana Nero Lifestyle Srl. Il segno era richiesto, tra l’altro, per vini conformi al disciplinare della DOP “Champagne” (classe 33), servizi di vendita di tali vini (classe 35) e attività culturali e promozionali a essi collegate (classe 41).

La decisione fornisce dei chiarimenti sull’ambito di protezione delle DOP, anche se incentrandosi sugli articoli 102 e 103 del Regolamento UE n. 1308/2013 relativi alle DOP su prodotti vinicoli, non più in vigore. Tali norme sono infatti oggi sostituite dagli artt. 31 e 26 del Regolamento UE 1143/2024, che sembrerebbero comportare una modifica della protezione delineata dalla decisione qui in commento; ma su questo tornerò dopo.

L’art. 102(1) del Regolamento UE n. 1308/2013 stabiliva che un marchio contenente una DOP non poteva essere registrato se:

a)     il prodotto non era conforme al disciplinare della DOP; o

b)     l’uso del marchio rientrava in una delle ipotesi vietate dall’art. 103(2).

L’art. 103(2), sulla protezione conferita alle DOP, vietava, tra l’altro:

  • l’uso commerciale del nome protetto “nella misura in cui tale uso sfrutti la notorietà” della DOP (103(2)(a)(ii));

  • qualunque “indicazione falsa o ingannevole” sull’origine, la natura o le qualità essenziali del prodotto (103(2)(c)).

In estrema sintesi, secondo le ricorrenti CIVC e INAO, la domanda di registrazione del marchio NERO CHAMPAGNE ricadeva in entrambe queste ipotesi vietate. Esse avevano perciò impugnato avanti al TUE la decisione della Commissione di ricorso dell’EUIPO che aveva respinto la loro opposizione alla domanda di registrazione.

In primo luogo, la Commissione ricorsi aveva sostenuto che, essendo il marchio richiesto per prodotti conformi al disciplinare della DOP, non vi sarebbe stato un indebito “sfruttamento della notorietà” della DOP ai sensi dell’art. 103(2)(a)(ii) del Reg. (UE) n. 1308/2013. In sostanza, si era ritenuta sussistente una presunzione di liceità dell’uso della DOP quando il marchio riguardi esclusivamente prodotti “rientranti” nella DOP; ciò, in conformità con la c.d. “teoria della limitazione” espressa nelle direttive EUIPO, secondo cui va respinta l’opposizione alla domanda di marchio contenente la DOP ove essa sia limitata a prodotti conformi alla DOP.

Nella decisione in commento, il Tribunale chiarisce che tale presunzione di liceità non è assoluta ma relativa, e quindi superabile in presenza di prova contraria. La Commissione avrebbe quindi dovuto valutare concretamente se l’uso della parola “Champagne” nel marchio richiesto mirasse a sfruttare indebitamente la rinomanza della denominazione, cosa che, secondo il Tribunale, non risultava dalla motivazione della decisione. Da qui l’accoglimento del motivo di opposizione e l’annullamento della decisione della Commissione.


Il Tribunale ha poi accolto anche la censura fondata sull’art. 103(2)(c) del Regolamento, che vietava l’uso di indicazioni ingannevoli. Secondo la decisione in commento, infatti, la combinazione “NERO CHAMPAGNE” poteva essere erroneamente intesa dal consumatore come indicazione:

a)     del fatto che lo specifico Champagne fosse realizzato con uno solo dei tre vitigni con cui si produce lo Champagne, ovvero il pinot nero (che, invece, solo raramente è l’unico vitigno utilizzato, e porta allo Champagne “blanc de noirs”); o

b)     di una nuova varietà “nera” di Champagne, sebbene il disciplinare preveda solo tipologie bianche o rosé.

Per questi motivi, il Tribunale ha non solo annullato la decisione della Commissione Ricorsi EUIPO, ma anche direttamente accolto il motivo di opposizione fondato sull’art. 103(2)(c), potendo provvedere in tal senso ex art. 72(3) Reg. 2017/1001, e quindi in concreto ha accolto l’intera opposizione.

Come dicevo sopra, resta da vedere che utilità avrà questa decisione nella parte in cui si riferisce all’art. 103(2)(a)(ii), oggi sostituito dall’art. 26(1)(a) del nuovo Regolamento 1143/2024. Questo, infatti, a differenza del precedente, afferma espressamente che l’uso commerciale che sfrutta la DOP è vietato solo “per prodotti che non sono oggetto di registrazione”, ovvero non conformi alla DOP. Un’interpretazione letterale della nuova norma sembrerebbe quindi comportare che la registrazione di un marchio contenente la DOP per prodotti conformi alla DOP sia esclusa da quel divieto.

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