Considerate la vostra semenza - Breeder’s Exemption e brevetti in campo vegetale
Con ordinanza cautelare del 24 aprile 2025 – forse il primo, e sicuramente tra i primi, precedenti italiani sul tema - il Tribunale delle Imprese di Genova ha reso una decisione di particolare interesse sull’applicazione della breeder’s exemption ai brevetti in ambito vegetale, cioè quelli aventi ad oggetto processi e prodotti plant-related.
Il contesto giuridico
Nel 2019, il legislatore italiano ha aggiunto all’art. 68 del Codice della proprietà industriale il comma 1 a-bis), che estende ai brevetti per invenzione la breeder’s exemption già esistente nel campo delle varietà vegetali registrate.[1]
La norma recita:
La facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende, quale che sia l'oggetto dell'invenzione: (…) agli atti compiuti a titolo sperimentale relativi all'oggetto dell'invenzione brevettata, ovvero all'utilizzazione di materiale biologico a fini di coltivazione, o alla scoperta e allo sviluppo di altre varietà vegetali.
La riforma è frutto dell’implementazione nell’ordinamento italiano dell’art. 27 c) dell’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti. La prima parte della norma si riferisce all’eccezione sperimentale o di ricerca, che in realtà esisteva già nel nostro sistema; la seconda alla vera e propria breeder’s exemption.
La controversia
Nel dicembre 2019, una società attiva nella produzione e vendita di sementi di barbabietola, durante un incontro tra operatori del settore, aveva ricevuto alcune confezioni di semenze relative a due nuove varietà, caratterizzate dalla presenza nel genoma di un gene di alta resistenza alla Cercospora, sviluppate da una società concorrente. Aveva dunque avviato una propria attività di ricerca sulle semenze in questione.
Nel novembre 2024, tuttavia, essa aveva ricevuto dalla concorrente – che, nel frattempo, aveva depositato due domande di brevetto europeo nazionalizzate anche in Italia relative alle varietà in questione – lettera di diffida nella quale quest’ultima, accusandola di essersi a suo tempo procurata illegittimamente le semenze, le intimava di astenersi dalle attività di ricerca, produzione e commercializzazione di varietà effettuate utilizzando i risultati genetici incorporati nelle stesse.
La società diffidata aveva dunque promosso un ricorso cautelare piuttosto ambizioso innanzi al Tribunale di Genova, chiedendo l’accertamento della liceità della propria acquisizione delle sementi contese, l’accertamento negativo delle pretese della concorrente e una corrispondente inibitoria nei suoi confronti rispetto a qualunque azione ostativa allo svolgimento della propria “attività di impresa” relativa alle semenze: comprese, dunque, attività di natura commerciale.
La decisione
Il Tribunale di Genova ha accolto parzialmente il ricorso cautelare, accertando in via sommaria il diritto della ricorrente a proseguire l’utilizzo delle sementi contese a fini di ricerca e sperimentazione sulla base dell’art. 68 c.p.i. comma 1 a-bis) ed inibendo alla titolare della privativa brevettuale di ostacolare attività condotte a tali limitati fini.
Il Giudice ha ritenuto che il periculum (pregiudizio imminente) tale da giustificare un provvedimento inibitorio d’urgenza fosse quello della potenziale vanificazione, in mancanza di tale provvedimento, dei risultati della sperimentazione e ricerca in corso dal 2019.
Il Giudice ha ritenuto del tutto irrilevante, rispetto all’applicabilità dell’esenzione di cui all’art. 68 c.p.i., la questione della presunta illiceità dell’acquisizione iniziale del materiale biologico.
A tale riguardo, egli ha osservato che le limitazioni ai diritti brevettuali introdotte per consentire attività di sperimentazione e ricerca trovano fondamento negli artt. 9 e 32 della Costituzione e sull’art. 13 della Carta dei diritti fondamentali della UE, relativi a libertà di ricerca e tutela della salute; e sull’art. 42 Cost., relativo alla funzione sociale della proprietà privata. L’interesse alla promozione della libera competizione scientifica e i conseguenti effetti favorevoli sul miglioramento complessivo delle condizioni materiali di vita della collettività, in quanto costituzionalmente rilevanti, prevalgono su quello contrapposto alla tutela della proprietà intellettuale. È per tale motivo che l’esenzione in parola sarebbe invocabile “ (…) a prescindere dalla eventuale origine illecita della disponibilità (…) del materiale utilizzato nella sperimentazione”
Il Giudice ha invece respinto la domanda della ricorrente tesa all’accertamento cautelare del proprio diritto a svolgere sull’oggetto delle domande brevettuali della controparte attività commerciali, rilevando che la ricorrente non aveva allegato alcuna imminente iniziativa imprenditoriale concreta da tutelare, dovendo quindi escludersi, rispetto alla domanda, il requisito dell’urgenza. Egli ha incidentalmente osservato che, in ogni caso, l’esenzione di cui all’art. 68 c.p.i. non è applicabile in relazione a utilizzi commerciali.
Per tale motivo, il Giudice ha altresì respinto la domanda di accertamento cautelare della liceità dell’acquisizione delle sementi oggetto di contesa, avanzata dalla ricorrente: la risoluzione della questione, già dichiarata irrilevante rispetto alle attività di sperimentazione e ricerca, sarebbe diventata “processualmente superflua” rispetto a quelle di natura commerciale, ritenute non tutelabili per assenza di periculum.
Un precedente rilevante per il settore agricolo
L’ordinanza genovese, come detto, si colloca tra le prime applicazioni giudiziarie significative del comma 1-a bis) dell’art. 68 c.p.i. in materia di brevetti plant-related e costituisce un precedente utile per delineare i limiti di questi ultimi.
I punti più interessanti della decisione sono senz’altro:
L’interpretazione restrittiva delle esenzioni contenute nella norma, da cui sono ritenute escluse le attività di natura commerciale;
La ritenuta irrilevanza, rispetto alle esenzioni stesse, di questioni concernenti la liceità dell’acquisizione del materiale biologico oggetto del brevetto.
Per le aziende sementiere e i centri di ricerca, il messaggio è che le attività, coltivazione compresa, svolte sull’oggetto del brevetto, purché prive di finalità commerciali, rientrano nell’ambito della liceità giuridica anche in presenza di contestazioni sulla provenienza del materiale.
Sarebbe stato interessante, d’altra parte, leggere la decisione del Giudice qualora non avesse ritenuto carente di periculum in mora la domanda relativa alle attività commerciali. In particolare, sarebbe stato interessante vedere se e in che modo - ferma l’inapplicabilità delle esenzioni di cui all’art. 68 c.p.i. - egli avrebbe ritenuto la questione della liceità dell’iniziale acquisizione delle sementi rilevante rispetto alla decisione.
Vale la pena ricordare che il provvedimento qui commentato è soggetto a reclamo e, in ogni caso, l’esito del giudizio cautelare potrebbe essere ribaltato nel giudizio ordinario di merito.
[1] Cfr. in particolare art. 15 Reg. CE 2100/94 e art. 108 C.p.i. La differenza sta nel fatto che questi due ultimi articoli si riferiscono all’uso in deroga ai diritti del costitutore di varietà vegetali protette, ottenute mediante tecniche di coltivazione tradizionali, mentre l’art. 68 consente l’uso di materiale biologico oggetto di vero e proprio brevetto per invenzione (relativo a prodotto o processo in ambito vegetale). La prima esenzione, da sola, non basterebbe a rendere lecite attività agricole che interferiscono non (solo) con una privativa per ritrovato vegetale, ma con un brevetto biotecnologico per invenzione.