Ordinanza del Tribunale di Firenze (7 maggio 2025): bonifico errato, obblighi della banca e tutela della privacy

Con un’interessante ordinanza cautelare in materia di conflitto tra riservatezza bancaria e diritti dei terzi, il Tribunale di Firenze ha di recente deciso il ricorso urgente di una società che, per errore materiale, nel disporre un “giroconto”, pur indicandosi come “beneficiario”, aveva ordinato un bonifico di €16.000 sul conto di un soggetto ignoto, inserendo un IBAN errato.

I successivi tentativi di ottenere la collaborazione della banca presso cui era aperto il conto corrente dell’ignoto beneficiario, per revocare il bonifico o, quanto meno, ottenere le generalità dell’intestatario del conto stesso, si erano scontrati con la resistenza della Banca, che riteneva di non dover aderire alle richieste invocando tra l’altro il rispetto della normativa in materia di privacy.

La società aveva quindi chiesto al Tribunale di ordinare alla Banca di fornire le informazioni richieste in via d’urgenza.

Il Tribunale ha ritenuto fondata la domanda cautelare. Il Giudice ha anzitutto ritenuto che discendesse in ultima istanza dalle “Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia” e dall’art. 24, comma 2 del d.lgs. 11/2010 il diritto del soggetto che ha eseguito il bonifico errato a conoscere  dalla banca i dati anagrafici e societari dell’accipiens.

Il Giudice ha anche richiamato la responsabilità da “contatto sociale qualificato”, che grava sull’intermediario finanziario secondo la Suprema Corte (Cass. civ. n. 17415 del 25.6.2024) nei confronti del beneficiario del bonifico rimasto insoddisfatto per indicazione inesatta dell’IBAN (occorre ricordare che nel caso specifico la ricorrente era contemporaneamente soggetto bonificante e beneficiario putativo) e da cui discende che la banca deve dimostrare, quantomeno, di essersi adoperata per consentire all’interessato di rintracciare chi ha ricevuto erroneamente il pagamento.

Quanto alle obiezioni in materia di privacy, il Tribunale ha fondato la legittimità della richiesta del ricorrente sull’art. 6 par. 1 lett. f GDPR, per il quale deve ritenersi che il trattamento dei dati sia lecito, pur in assenza del consenso dell’interessato, qualora sia necessario per il perseguimento di un legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, e sull’art. 9 par. 2 lett. f), che prevede un’eccezione al divieto di trattamento di categorie particolare di dati se necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in giudizio (il Tribunale ha ragionato che una norma applicabile a dati sensibili si applicasse a maggior ragione a dati anagrafici o societari).

Il Giudice ha quindi ordinato alla banca di comunicare immediatamente i dati in suo possesso, precisando se la somma fosse stata prelevata, da chi e quando, imponendo una penale ex art. 614-bis c.p.c. di €100 al giorno in caso di ritardo nell’esecuzione.

A parere di chi scrive, in materia di privacy il provvedimento sebbene corretto nell’esito non lo è del tutto nella motivazione giuridica.

Dalla premessa che la comunicazione dei dati richiesti era un diritto del ricorrente e un corrispondente dovere della Banca sarebbe dovuta discendere coerentemente la conclusione che la comunicazione dei dati fosse lecita sulla base del criterio dell’adempimento di un obbligo di legge e/o di contratto (lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 6 del GDPR), considerando il rapporto derivante dall’esecuzione del bonifico e il contatto sociale qualificato tra banca e cliente. La scelta della base giuridica non è irrilevante: ricorrere al legittimo interesse, come ha fatto il Tribunale, implica una necessaria valutazione di bilanciamento, potenzialmente soggettiva e meno solida rispetto a basi normative più chiare e cogenti come l’obbligo legale.

Del tutto superflua, poi, la citazione dell’art. 9 del GDPR, che richiede per il trattamento di dati sensibili (qui non coinvolti) in aggiunta ad una base legittima per il trattamento, un requisito supplementare di legittimità.

Indietro
Indietro

Caso Chiquita: Il bollino blu e giallo non può essere registrato come marchio. La decisione del Tribunale dell’Unione Europea

Avanti
Avanti

Considerate la vostra semenza - Breeder’s Exemption e brevetti in campo vegetale