La prova della titolarità di privativa su una nuova varietà vegetale: il Tribunale di Milano fa chiarezza

Con sentenza dello scorso 15 luglio n. 8745/15, il Tribunale di Milano – Sezione Specializzata in Materia di Impresa “A” – ha fatto chiarezza su alcune questioni relative alla prova della titolarità delle privative per nuove varietà vegetali previste dagli artt. 100 ss. c.p.i. e dal Regolamento 2100/94/CE (e concesse a livello nazionale dall’UIBM, e a livello comunitario dall’Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali).

Il procedimento da cui origina la pronuncia vedeva contrapposte l’attrice BASF Italia e la convenuta Società Agricola Magnani: la prima lamentava che la seconda stesse violando due propri brevetti per invenzione sul sistema “Clearfield” di protezione delle colture del riso, oltre ai propri diritti di esclusiva sulla nuova varietà vegetale “Polluce CL”. Essa aveva perciò agito in giudizio in via cautelare, ottenendo un provvedimento di descrizione giudiziale inaudita altera parte sulle piantine di riso e sulle sementi presenti nel campo della convenuta. Successivamente, aveva avviato il giudizio di merito per chiedere, oltre all’accertamento della contraffazione dei propri brevetti per invenzione e privativa per nuova varietà vegetale, l’inibitoria della controparte da ogni ulteriore atto di contraffazione e la sua condanna al risarcimento del danno.

Nella pronuncia in parola, il Tribunale rileva che l’attrice non ha fornito prova certa della titolarità della privativa per nuova varietà vegetale. Essa si è infatti limitata a provare che la varietà era stata inclusa nel c.d. “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole” di cui alla Direttiva 53/2002/CE. Questo, tuttavia, osserva il Tribunale, è finalizzato ad individuare le varietà ammesse ufficialmente alla commercializzazione nel territorio della UE e ha una funzione di tutela della salute pubblica, mentre non è idoneo ad attestare la titolarità delle privative sulle nuove varietà vegetali.

In pratica”, afferma il Tribunale, “non è possibile, tramite la sola registrazione sul Catalogo, identificare in maniera certa e univoca né a cura di chi né quando sia stata presentata una domanda di registrazione di nuova varietà vegetale, né tantomeno si possono ritrovare notizie sulla data di eventuale rilascio del brevetto”. Di conseguenza, “non è possibile equiparare l’inserzione nel Catalogo comune al formale rilascio del brevetto per varietà vegetale ai sensi degli artt. 100 e ss. c.p.i. e/o 62 Regolamento CE n. 2100/1994. Pertanto non vi è agli atti la prova dell’avvenuta concessione della privativa in sede nazionale italiana o comunitaria”.

La sentenza aggiunge peraltro che, anche se vi fosse stata la prova della titolarità della privativa, questa non sarebbe risultata violata: gli atti contestati alla convenuta erano infatti precedenti al momento dell’asserita registrazione della privativa. Quanto invece alla asserita violazione dei brevetti per invenzione sul sistema “Clearfield”, il Tribunale rileva la necessità di disporre un supplemento di istruttoria: rigettate le domande di Basf fondate sulla privativa per varietà vegetale, il Collegio dispone quindi la prosecuzione del giudizio limitatamente all’accertamento della contraffazione dei brevetti.

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