Il Tribunale di Milano pronuncia un’inibitoria “limitata” a tutela dell’app Satispay

Con ordinanza datata 3 dicembre 2019, nel procedimento cautelare instaurato dalle società Satispay S.p.a. e Satispay Ltd. contro Sisal Group S.p.a., il Tribunale di Milano ha accertato il compimento da parte di Sisal di atti di concorrenza sleale parassitaria a danno delle ricorrenti, pronunciando un’inibitoria con efficacia, però, temporalmente limitata.

La vicenda ha avuto origine dai fatti che qui si espongono. Le ricorrenti, titolari della nota app per smartphone denominata ‘Satispay’, concepita per la semplificazione dei pagamenti digitali, avevano intrattenuto delle negoziazioni con la controparte al fine di valutare l’integrazione della stessa app nella rete di vendita Sisal. In seguito al fallimento delle trattative, Sisal aveva introdotto sul mercato un’applicazione denominata ‘Bill’, considerata dalle ricorrenti del tutto analoga a Satispay sia sotto il profilo tecnico che sotto quello commerciale. In particolare, secondo la ricostruzione di Satispay, Sisal aveva illecitamente replicato, in violazione della normativa sul diritto d’autore, il codice sorgente dell’app Satispay; aveva sistematicamente copiato le funzionalità di volta in volta ideate da Satispay e le relative scelte grafiche e linguistiche; aveva replicato la relativa banca dati mediante la sottrazione di informazioni riservate di Satispay; infine, aveva ricalcato le modalità promozionali adottate da Satispay presso il pubblico. Le due società Satispay avevano quindi adito il Tribunale di Milano per far accertare in via cautelare tali illeciti e far inibire a Sisal le condotte di plagio e concorrenza sleale parassitaria lamentate, che asseritamente minacciavano pesantemente la posizione recentemente acquistata sul mercato dalle due start-up ricorrenti.

Costituitasi in giudizio, la resistente aveva anzitutto contestato la sussistenza del fumus boni iuris, sostenendo di aver sviluppato l’applicazione Bill – diversa da Satispay per natura e funzioni – in maniera del tutto autonoma, con ingenti investimenti e senza l’indebita sottrazione di informazioni riservate. In secondo luogo, aveva negato la sussistenza del periculum in mora, affermando, tra l’altro, di non avere in alcun modo eroso la posizione di mercato delle ricorrenti.

Nell’ordinanza in commento, il Tribunale di Milano, facendo proprie le osservazioni del CTU, ha ritenuto che Bill non fosse qualificabile come opera derivata di Satispay con riferimento al codice sorgente e fosse invece frutto di autonomo sviluppo da parte di Sisal, così come lo era la relativa banca dati. Il Giudice ha quindi escluso la sussistenza del plagio con riferimento al codice sorgente e alla banca dati.

Sempre basandosi sulle osservazioni del CTU, il Tribunale di Milano ha poi negato la tutela autorale anche alle funzionalità dell’app Satispay: secondo il CTU, infatti, sebbene Bill presentasse ben 26 funzionalità in comune con Satispay, tali servizi erano per lo più presenti già da tempo nella prassi del mercato di riferimento ed erano in realtà privi dei caratteri di originalità e creatività richiesti per la tutela ai sensi della legge sul diritto d’autore. Inoltre, soltanto una tra le 26 funzioni analizzate (il budget settimanale) era stata implementata in Bill senza alcuna originalità o sforzo creativo autonomo, configurandosi così come una ripresa parassitaria dell’identica funzione presente in Satispay. In tutti gli altri casi, invece, Sisal aveva implementato le funzionalità in questione rielaborando autonomamente e in maniera creativa e originale l’idea alla base del servizio; in altre parole, le medesime funzioni erano state implementate in Bill con una forma espressiva distinta da quella per cui le ricorrenti invocavano tutela. Ricordando che le idee/concetti non possono essere di per sé oggetto di monopolio, il giudice ha quindi concluso che “l’implementazione delle medesime funzioni – ove non derivi dal plagio del codice sorgente o della relativa banca dati – non può in sé ritenersi illecita. Si deve, infatti, presumere che l’operatore concorrente – senza avere avuto accesso al codice sorgente del programma – abbia osservato e sperimentato tale programma per riprodurne le funzionalità”, ciò che, secondo l’insegnamento della Corte di Giustizia UE in C-406/10, non costituisce violazione di diritti d’autore.

II giudice ha invece ravvisato nella condotta di Sisal l’illecito di concorrenza sleale parassitaria ex art. 2598 n. 3 c.c., consistente nella ripresa sistematica da parte di Sisal delle scelte compiute da Satispay, che aveva permesso a Sisal stessa di inserirsi rapidamente sul mercato di riferimento con un indebito risparmio di costi e tempi necessari per predisporre soluzioni autonome. In particolare, il Tribunale di Milano ha ravvisato la condotta parassitaria ne: l’implementazione in Bill del servizio di budget settimanale presente in Satispay; la copiatura di parte del Regolamento sulla funzione Cashback predisposto da Satispay; l’utilizzo di terminologie inventate dalle ricorrenti, la cui riproduzione non poteva dirsi giustificata dalla descrittività del termine o dal suo utilizzo comune; l’uso di materiale promozionale del tutto analogo a quello di Satispay.

Infine, il giudice ha confermato la sussistenza del periculum in mora, sul presupposto che le condotte illecite di Sisal erano idonee a deteriorare la posizione strategica acquisita da Satispay sul mercato.

In conclusione, il Tribunale di Milano ha inibito a Sisal il compimento delle accertate condotte di concorrenza sleale, imponendo una penale di Euro 2.000 per ogni violazione. La durata dell’inibitoria è stata però temporalmente limitata per il periodo di un anno dalla notifica del provvedimento. Secondo il Tribunale di Milano, infatti, decorso tale lasso di tempo, i comportamenti parassitari censurati a Sisal potranno “ritenersi riassorbiti o generalizzati nella pratica commerciale comune, non costituendo più in sé un elemento di particolare apprezzamento per la clientela” (ad es. il budget settimanale diverrà di comune utilizzo nelle app per digital payments). Viceversa – ha precisato il giudice – in assenza di tale limite temporale, l’inibitoria in questione avrebbe finito per attribuire un indebito vantaggio agli altri competitors che, una volta esauriti i possibili profili di concorrenza sleale parassitaria, avrebbero potuto liberamente compiere le condotte inibite invece a Sisal in via definitiva.

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