Corte di Giustizia UE: ri-postare un contenuto senza autorizzazione viola i diritti dell’autore

Con sentenza del 7 agosto nel caso C-161/17, la Corte di Giustizia UE (CGUE) si è occupata di un fenomeno molto frequente al giorno d’oggi: la ri-pubblicazione di contenuti su pagine web diverse da quelle nelle quali erano originariamente pubblicati. Con la decisione in commento, la Corte ha chiarito che, ove si tratti di contenuti tutelati dal diritto d’autore, una simile attività necessita dell’autorizzazione dell’autore, di cui altrimenti sono violati i diritti.

La vertenza alla base della decisione era stata avviata in Germania da un fotografo una cui fotografia, da lui concessa in uso al sito web di un’agenzia turistica, era stata da lì scaricata da una studentessa che l’aveva inserita in un proprio progetto scolastico per poi pubblicarla nel sito web della scuola. Il fotografo lamentava che ciò violasse il proprio diritto esclusivo di comunicazione al pubblico delle proprie opere, ai sensi dell’articolo 3 (1), della Direttiva 2001/29: “Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. Il giudice tedesco investito della causa aveva richiesto una pronuncia pregiudiziale alla Corte chiedendo se la nozione di “comunicazione al pubblico” summenzionata “debba essere interpretata nel senso che essa ricomprende la messa in rete su un sito Internet di una fotografia precedentemente pubblicata, senza restrizioni e con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, su un altro sito Internet”.

In risposta, la CGUE precisa innanzitutto che la nozione di “comunicazione al pubblico” deve essere interpretata in senso ampio. Essa si compone di due elementi: un atto di comunicazione e un pubblico. Perché sussista l’atto di comunicazione “è sufficiente che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, senza che sia determinante che utilizzino o meno tale possibilità”; e questa messa a disposizione del pubblico si ha senz’altro se una fotografia pubblicata su un sito internet viene da lì scaricata e quindi ri-pubblicata su altro sito. Quanto alla nozione di “pubblico”, precisa la Corte, essa “si riferisce a un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole”; ciò che è senz’altro integrato dagli utilizzatori di un sito web.

Tuttavia, ricorda la CGUE, “per essere qualificata come «comunicazione al pubblico», è inoltre necessario che la comunicazione dell’opera protetta sia effettuata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, sia rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto d’autore nel momento in cui ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico”. Nel caso di specie, rileva la Corte, le modalità tecniche utilizzate per la comunicazione attraverso il secondo sito web sono ovviamente le stesse usate nel sito web autorizzato. Il pubblico dato dagli utilizzatori del secondo sito web però è diverso, e quindi “nuovo”. Si ha perciò una comunicazione al pubblico rilevante ai sensi della normativa sopra citata, che l’autore dell’opera ha il diritto di autorizzare o vietare.

La Corte precisa che questa ipotesi è diversa da quella affrontata nel caso Svensson (C-466/12, menzionata tra l’altro qui in questo blog), in cui era stata considerata legittima la pubblicazione, in un sito web, di un link ad altro sito web in cui l’opera era stata pubblicata con l’autorizzazione dell’autore. In quel caso, infatti, non veniva minato il diritto dell’autore di eventualmente revocare l’autorizzazione alla pubblicazione; in questo caso, invece, se l’autore volesse terminare la comunicazione della sua opera sul sito internet inizialmente autorizzato, l’opera resterebbe disponibile sul sito internet sul quale l’opera è stata ri-pubblicata. Inoltre, mentre nel caso Svensson la parte in causa, alias il gestore del sito su cui il link era stato pubblicato, non doveva fornire alcun intervento perché il pubblico potesse fruire dell’opera linkata, in questo caso la studentessa aveva materialmente scaricato la fotografia sul proprio server privato e l’aveva poi caricata all’interno del proprio progetto sul sito web della scuola.

La Corte ricorda inoltre che l’art. 3 (3) della Direttiva 2001/29 precisa che il diritto dell’autore di autorizzare o vietare la comunicazione della sua opera al pubblico non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico. Per contro, “ritenere che la messa in rete su un sito Internet di un’opera, precedentemente comunicata su un altro sito Internet con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, non costituisca una messa a disposizione di un pubblico nuovo di tale opera equivarrebbe a stabilire una regola di esaurimento del diritto di comunicazione”. Oltre al fatto che essa sarebbe contraria al summenzionato art. 3(3), tale regola priverebbe l’autore della possibilità di richiedere un adeguato compenso per l’utilizzo della sua opera da parte del secondo sito web.

In conclusione, la Corte afferma quindi che “La nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, dev’essere interpretata nel senso che essa ricomprende la messa in rete su un sito Internet di una fotografia precedentemente pubblicata, senza restrizioni atte ad impedire che venisse scaricata e con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, su un altro sito Internet”.

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