Il Tribunale di Milano sulla contraffazione di marchio complesso

Pubblicato anche sul portale Diritto24 del Sole 24Ore

Il Tribunale di Milano si è pronunciato con sentenza n. 10374/13 sulla tutela di un marchio complesso costituito dall’immagine di una serratura avente un particolare nottolino decorativo, accompagnata dal patronimico “Gianfranco Lotti” (il “Marchio”). A chiedere tutela per tale Marchio, registrato sia a livello nazionale che internazionale, erano B.M.B. Bottega Manifatturiera Borse (“B.M.B.”) e GFL International s.r.l. in liquidazione (“GFL”), rispettivamente licenziataria e titolare del Marchio, attive nella produzione e commercializzazione di prodotti di pelletteria e utilizzanti il Marchio sin dal 1992 (congiuntamente le “attrici”). Accusata della violazione era invece la multinazionale Zara, e più precisamente Zara Italia s.r.l. e la sua controllante spagnola Inditex Industria del Diseño Textil S.A. (“Inditex”), che avevano usato una analoga serratura con nottolino sulle borse Zara. Queste si difendevano però sostenendo che la serratura delle attrici non fosse tutelabile come marchio in quanto priva di carattere distintivo – essendo stata diffusamente usata nel settore della pelletteria mondiale da numerosi soggetti sin dagli anni ’50 -, e che comunque l’apposizione del loro marchio Zara sulle borse sarebbe stato sufficiente a escludere la contraffazione. Inditex eccepiva inoltre preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, affermando di non avere partecipato alla commercializzazione delle borse in contestazione.

Con la pronuncia in esame, la Sezione Specializzata in Materia d’Impresa del Tribunale milanese ricorda in primo luogo che, per giurisprudenza costante, la tutela del marchio complesso “va garantita tanto nella sua globalità, quanto nelle sue parti singolarmente prese, allorché queste abbiano da sole capacità individualizzante e distintiva, senza che possa ritenersi che l’elemento denominativo abbia carattere automaticamente dominante“. Nel caso in esame, quindi, viene riconosciuta tutela anche alla sola serratura in esame (senza il patronimico “Gianfranco Lotti”) visto “l’elemento di originalità e di fantasia di tale utilizzo, trattandosi dell’accostamento dell’elemento “serratura” a prodotti che nulla hanno a che fare col mondo dei serramenti et similia, quali appunto articoli di pelletteria, bigiotteria, accessori e tessili di lusso. Tale segno assume una connotazione fortemente distintiva, tanto da essere spesso individuata come icona della casa” secondo quanto dimostrato dai documenti prodotti dalle attrici: “per la maggior parte articoli di riviste, non certo contestabili né per contenuti, né per datazione”, che provano tra l’altro, scrivono i Giudici, “l’uso massiccio della “serratura” negli anni in numerosissime creazioni e nei materiali promo/pubblicitari” delle attrici.

Alla luce di quanto sopra, la Sezione Specializzata conclude che la serratura con nottolino decorativo inclusa nel Marchio complesso attoreo è di per sè meritevole di tutela nei confronti dell’uso fattone da Zara, posto che essa costituisce “segno distintivo idoneo a generare nel consumatore un collegamento con le società attrici e con i prodotti contrassegnati dal patronimico “Gianfranco Lotti”” (peraltro, rilevano i Giudici, aventi “una certa notorietà anche a livello internazionale”, avendo B.M.B. aperto numerosi negozi in eleganti centri commerciali e in vari aeroporti“).

In aggiunta, oltre alla contraffazione del marchio, i Giudici milanesi concludono che la condotta di Zara “integra altresì i requisiti della c.d. post-sale confusion, creando infatti una concreta possibilità che i (potenziali) acquirenti, vedendo la borsa di Zara acquistata e indossata da altro consumatore, siano portati a credere che la stessa sia un modello del Lotti, o che quantomeno vi sia un accordo e/o legame tra questi e Zara, per esempio nel quadro di un del tutto plausibile piano strategico del Lotti di inserirsi in un segmento di mercato medio e di grande diffusione“. Di conseguenza, viene addebitata a Zara anche una concorrenza sleale confusoria ai danni di B.M.B. Bottega Manifatturiera Borse S.r.l.

Posto quanto sopra, e respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di Inditex (che, oltre ad essere controllante di Zara Italia, è titolare del website www.zara.com su cui le borse contestate venivano pubblicizzate e vendute), il Tribunale ha quindi accertato gli illeciti commessi da Zara, inibendo quest’ultima dal continuarli (con fissazione di penale e estensione dell’inibitoria all’intera Unione Europea, in relazione alla tutela del marchio internazionale) e ordinando il ritiro dal commercio e la distruzione delle borse in contraffazione, con pubblicazione della sentenza sulla rivista “Vogue” a spese di Zara e con rimessione della causa in istruttoria per la determinazione dei danni e delle spese di lite che Zara sarà tenuta a risarcire.

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