Privacy: il Tribunale di Milano sull’illiceità delle comunicazioni di marketing “a due tempi” in assenza di consenso

Con sentenza n. 5022 pubblicata lo scorso 5 maggio, il Tribunale di Milano ha rigettato integralmente l’opposizione proposta da un provider telefonico di carattere nazionale avverso un provvedimento del Garante della privacy, che aveva considerato illegittima, e di conseguenza inibito, una campagna commerciale consistente nel contattare telefonicamente circa cinque milioni di ex clienti, chiedendo loro il consenso a ricevere successive informazioni commerciali.

L’operatore telefonico aveva impugnato il provvedimento del Garante lamentando l’erronea qualificazione di tale comunicazione quale attività di marketing, posto che, a suo avviso, questa sarebbe consistita in una mera richiesta di consenso per successive campagne (campagna a due tempi). Aveva allegato, inoltre, di aver contattato in ogni caso solo ex clienti di cui aveva in passato già raccolto il consenso alla ricezione di comunicazioni commerciali.

Da parte sua, il Garante, costituitosi nel giudizio, aveva riaffermato l’illiceità del trattamento, ritenendo la comunicazione in questione attività di vero e proprio marketing e obiettando che questa fosse diretta, per lo più, verso ex clienti che avevano espresso in passato il proprio diniego o non avevano dato il consenso a ricevere informazioni commerciali.

Nel motivare la propria decisione, il Tribunale ha anzitutto evidenziato che – com’è noto – il trattamento di dati per finalità ulteriori rispetto a quelle legate all’esecuzione del contratto di cui gli interessati siano parte (nella fattispecie, il contratto di servizi di telefonia) necessita del loro specifico e ulteriore consenso ex art. 24 del Codice privacy.

Ha poi, da un lato, rilevato che la comunicazione in questione fosse da qualificarsi come promozionale sebbene “non diretta alla immediata conclusione di contratti e neppure alla formulazione di proposte”. Infatti, lo script contenente la richiesta di consenso in questione possedeva finalità promozionali, ancorché mediate: già in tale primo contatto l’operatore telefonico faceva, infatti, presente la propria intenzione di presentare proposte contrattuali “più interessanti” rispetto alle precedenti. Tale circostanza ha portato il Giudice a stabilire che la campagna volta ad acquisire il consenso fosse da ritenersi “ontologicamente inscindibile” dalla finalità di marketing cui questa era volta.

Dall’altro, il Giudice ha accolto le difese del Garante, rilevando che gran parte dei destinatari della campagna avevano effettivamente negato il consenso al trattamento dei propri dati per attività di marketing. In tale contesto ha osservato che “sulla scorta del principio di lealtà o correttezza di trattamento dei dati” il titolare del trattamento che abbia ricevuto un diniego al contatto promozionale non può “vanificare l’espressione di volontà dell’interessato sulle modalità di trattamento dei propri dati mediante una campagna di marketing “in due tempi”. Se è, infatti, vero che l’interessato è libero di cambiare opinione sul consenso al trattamento dei propri dati da parte del titolare, lo è altrettanto il fatto che dovrebbe essere l’ex cliente stesso a comunicarlo, nella specie, contattando spontaneamente l’operatore.

Logica conseguenza di tutto quanto sopra – ha concluso il Tribunale – è che l’eventuale consenso concesso dall’interessato (ex cliente) a seguito della comunicazione in esame è da ritenersi illecitamente prestato in quanto ottenuto nel contesto di una procedura altrettanto illecita.

Il Tribunale ha quindi confermato il provvedimento inibitorio impugnato e ha condannato l’opponente alla rifusione delle spese processuali per € 7.000.

Indietro
Indietro

La Camera Arbitrale di Milano sulla prova della mala fede nella riassegnazione dei nomi a dominio

Avanti
Avanti

La descrizione industrialistica non può essere concessa in caso di evidente debolezza del fumus del diritto azionato o se la prova può essere reperita facilmente sul mercato