“Pinocchio” è registrabile come marchio comunitario – e non è una bugia

(Articolo pubblicato su Diritto 24)

Con la propria decisione del 25 febbraio 2015 nel caso R 1856/2013-2 Yves Fostier c. Disney Enterprises, Inc., la Seconda Commissione di Ricorso dell’UAMI, accogliendo parzialmente un’impugnazione, ha di fatto confermato la registrabilità come marchio comunitario della parola “PINOCCHIO”.

Nel 2009, la Disney aveva ottenuto dall’UAMI la registrazione come marchio denominativo del termine “PINOCCHIO” per beni e servizi compresi in numerose classi: la 3, la 9, la 14, la 16, la 18, la 20, la 21, la 24, la 25, la 28, la 30 e la 41.

Nel 2012, Yves Fostier (titolare di una domanda di marchio comunitario contenente, a sua volta, la parola “PINOCCHIO”, ma a carattere figurativo) aveva presentato all’UAMI domanda di nullità del marchio di Disney.

Secondo l’istante, riconoscere la registrabilità come marchio della parola in questione sarebbe equivalso a stabilire un inammissibile monopolio del titolare su elementi entrati di diritto nel folclore e nella tradizione. In ogni caso, il marchio sarebbe stato privo di carattere distintivo, perché volgarizzato e caduto in pubblico dominio; l’inserimento della parola nei dizionari, poi, avrebbe creato una sorta di presunzione di “generalità”.

L’UAMI aveva, tuttavia, rigettato la domanda, osservando che, da un lato, il semplice fatto che un segno costituisse il titolo di una storia non escludesse la capacità dello stesso segno di funzionare anche come indicatore di origine commerciale, trattandosi di diritti di natura diversa; e che, dall’altro, l’istante non era riuscito a dimostrare che il termine “PINOCCHIO” non fosse idoneo a distinguere i beni e servizi per cui il marchio era stato registrato, né aveva provato che il termine fosse divenuto d’uso comune in una lingua dell’Unione Europea o che fosse stato incluso in un dizionario.

Yves Fostier ha impugnato la decisione con ricorso che è sfociato nella pronuncia qui commentata, sostanzialmente ribadendo le argomentazioni avanzate nel procedimento di primo grado. Questa volta, esse hanno fatto breccia, seppur solo in parte.

La Seconda Commissione di Ricorso ha premesso che, nell’ambito di un procedimento relativo a impedimenti assoluti alla registrazione, l’UAMI ha il potere di rilevare d’ufficio fatti generalmente noti; applicando questo principio al caso in questione, ha ritenuto che, sebbene fosse onere del ricorrente dimostrare l’assenza di carattere distintivo, si imponesse da parte dell’Ufficio un approccio di “buon senso”.

A tal riguardo, la Commissione ha osservato che, se un titolo è così noto al pubblico di riferimento al punto che esso percepisce il marchio corrispondente come designante in via primaria un titolo di una storia o di un libro, quel marchio potrebbe essere privo di capacità distintiva. Ciò sarà più probabile laddove si possa dimostrare che sono state pubblicate numerose versioni della storia e/o vi sono stati numerosi adattamenti televisivi, teatrali e cinematografici che hanno raggiunto un vasto pubblico. Pertanto, anche se in principio i titoli o i nomi dei personaggi di fantasia possono essere marchi registrati e funzionare come indicatori di origine, occorre porsi la questione se un certo segno sia in grado di essere distintivo per gli specifici prodotti e servizi coperti dal marchio.

‘PINOCCHIO’ apparterrebbe a questa speciale categoria di titoli. Si tratta, infatti, di un titolo da lungo tempo consolidato e ben noto con riferimento alla storia per bambini di un ragazzo di legno, il cui naso cresce quando mente. ‘PINOCCHIO’, secondo la Commissione, è consolidato da così tanto tempo che è ‘entrato nel linguaggio’, e che non può essergli attribuito altro significato che quello di questa determinata storia.

Ciò premesso, secondo la Commissione il marchio consistente nella parola “PINOCCHIO” sarebbe effettivamente privo di capacità distintiva in relazione ad alcuni beni e servizi delle classi 9 (in particolare film, videogiochi, pellicole cinematografiche, supporti audio e video) 16 (libri per bambini, libri di disegni, fumetti), 28 (giocattoli e affini), 41 (parchi divertimenti e affini, produzioni teatrali, performance dal vivo) giacché i consumatori saranno indotti a pensare che questi beni e servizi si riferiscano alla storia e al personaggio di Pinocchio, non avendo il termine altro significato.

D’altra parte, la Commissione non ha ravvisato motivi per ritenere che lo stesso marchio non sarebbe, viceversa, memorizzato e riconosciuto come un’indicazione di origine commerciale per i rimanenti prodotti e servizi coperti, né ha ritenuto sussistessero motivi per cui, per tali beni e servizi, esso dovrebbe essere lasciato libero per i concorrenti, giacché non priva altri operatori di un termine essenziale e ampiamente utilizzato nei settori di riferimento; dal canto suo, il ricorrente non ha presentato prove di carenza di distintività per gli stessi beni e servizi.

In conclusione, l’Ufficio ha parzialmente annullato la decisione impugnata, lasciando sopravvivere il marchio della Disney per tutti i prodotti e servizi non compresi nell’elenco di cui sopra.

La decisione può essere letta qui.

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