La Camera Arbitrale di Milano sulla prova della mala fede nella riassegnazione dei nomi a dominio

Lo scorso 18 ottobre la Camera Arbitrale di Milano si è pronunciata nell’ambito della procedura di riassegnazione di un nome a dominio, fondata sul reclamo presentato da una società belga attiva nella vendita online di prodotti farmaceutici non soggetti a prescrizione medica. La società in questione rivendicava il trasferimento in proprio favore di due nomi a dominio, entrambi registrati nel 2000 da parte del resistente. 

La ricorrente, titolare peraltro di due marchi figurativi simili ai nomi a dominio contestati, fondava la propria richiesta sulla presunta mala fede del registrante. In particolare, allegava l’inesistenza di un collegamento dimostrabile tra il titolare dei domain names e questi ultimi e il mancato utilizzo degli stessi per un arco temporale ampio. Finalità ultima della registrazione ad opera del resistente sarebbe stata – secondo la ricorrente – sottrarre tali nomi a dominio alla disponibilità degli operatori economici, per lucrare sulla cessione degli stessi. Inoltre, la ricorrente argomentava che anche il rinnovo dei nomi a dominio da parte del resistente fosse avvenuto in mala fede, in quanto effettuato in un momento successivo alla manifestazione di interesse della ricorrente per entrambi.

Il resistente, attivo nell’ambito dei servizi digitali, contestava tutte le allegazioni. In primo luogo, affermava la sua totale estraneità all’attività di compravendita di domini. Quanto al requisito della mala fede, il resistente ne negava la sussistenza evidenziando che i diritti vantati dalla società belga, e la stessa costituzione di una società avente ragione sociale identica a uno dei due domini (e foneticamente identica all’altro) erano da ricondursi ad un momento molto successivo alla registrazione dei nomi a dominio contestati, talché egli non poteva in alcun modo averne conoscenza.

Stanti le contrapposte tesi così sinteticamente esposte, la Camera Arbitrale di Milano ha escluso che nel caso di specie fosse integrato il requisito della mala fede al momento della registrazione dei nomi a dominio contestati. A tal proposito, ha evidenziato che la registrazione dei nomi a dominio da parte del resistente aveva preceduto largamente qualunque utilizzo da parte della ricorrente e che dunque “non può esservi malafede nella registrazione data l’anteriorità di questa rispetto ai diritti rivendicati”. Nella stessa sede ha aggiunto che “il rinnovo – ancorché successivo al ricevimento, da parte del resistente, della manifestazione di interesse all’acquisizione dei nomi a dominio – non è equiparabile alla registrazione del nome a dominio e non rileva dunque ai fini della valutazione della sussistenza del requisito della malafede”.

Sulla base delle considerazioni presentate, il Collegio ha rigettato il reclamo.

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