La descrizione industrialistica non può essere concessa in caso di evidente debolezza del fumus del diritto azionato o se la prova può essere reperita facilmente sul mercato

(Ordinanza 2 agosto 2017, Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa “A”, Giud. Dr.ssa S. Giani).

Con l’ordinanza qui commentata, la Sezione Specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano ha ribadito alcuni principi fondamentali in tema di requisiti per la concessione della misura della descrizione industrialistica (temi già trattati in questo precedente articolo).

La descrizione, lo si ricorda, è un mezzo processuale d’urgenza di ricerca della prova della violazione (e della sua entità), tipico della proprietà intellettuale, e strumentale a un giudizio di merito ed eventualmente a un provvedimento cautelare inibitorio o di sequestro; essa si esegue a mezzo di ufficiale giudiziario con accesso – spesso “a sorpresa”, cioè senza preventiva notifica a controparte, nei casi di comprovata speciale urgenza – ai luoghi dove le prove ricercate sono presumibilmente rinvenibili e la verbalizzazione di ciò che vi si rinviene, con l’ausilio di mezzi fotografici, riproduzione digitale di file, raccolta di campioni ecc.

Nel caso sottoposto al Tribunale di Milano, una società italiana aveva azionato un proprio brevetto nazionale, concernente un metodo per la produzione di serramenti in PVC, contro una concorrente polacca, asserendo che questa stesse pubblicizzando e commercializzando in Italia – tramite una rete di rivenditori – infissi riproducenti le caratteristiche rivendicate dal brevetto. Aveva, quindi, chiesto al Giudice meneghino[1] di disporre nei confronti della concorrente la descrizione giudiziale, da eseguirsi anche all’estero, dei prodotti, dei mezzi per la loro produzione e della documentazione commerciale e pubblicitaria, adducendo a sostegno dell’istanza il pericolo di dispersione della prova e l’impossibilità di procurarsela aliunde.

La resistente aveva, dal canto suo, eccepito, tra l’altro, che i prodotti in pretesa contraffazione erano liberamente disponibili sul mercato, sicché la ricorrente avrebbe potuto procurarsene un esemplare con facilità; e che il brevetto europeo richiesto per la medesima invenzione (non azionato in giudizio) era stato concesso solo dopo una pesante limitazione dell’ambito inizialmente rivendicato, a seguito di rilievi dell’esaminatore sul difetto di requisiti di brevettabilità – laddove la privativa nazionale era stata, invece, concessa senza alcuna preliminare ricerca di anteriorità. [2]

Il ricorso è stato rigettato dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in commento. Nel motivare il diniego, il Giudice ha preliminarmente rilevato che, sebbene nel caso della descrizione il requisito del fumus assuma il significato primario di apprezzamento dell’utilità o necessità della prova ricercata rispetto alla proponenda causa di merito, ciò non esime il giudicante da un accertamento del fumus inteso anche nel senso di prognosi di fondatezza del diritto sostanziale invocato. La differenza è che, nel caso della descrizione, quest’apprezzamento è meno rigoroso che per le misure cautelari dirette alla tutela immediata del diritto sostanziale, tanto da poter condurre a un rigetto solo se “appaiano fondate ragioni per una prognosi negativa”.

Il Giudice ha, inoltre, considerato come la direttiva cd. Enforcement (2004/48/CE) abbia enunciato l’obbligo generale per cui i rimedi funzionali alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale debbono essere “leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi”, “proporzionati” e applicati “in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi” (art. 3).

Ciò premesso, il Giudice ha rilevato che nel caso di specie sussistevano appunto dubbi “consistenti” sulla validità stessa del brevetto a cui tutela la descrizione era invocata, e così sul fumus della sua contraffazione. In particolare: i) il fatto che il brevetto fosse stato concesso dall’UIBM senza preventive ricerche di anteriorità ne determinava una presunzione di validità “attenuata”; ii) come rilevato dalla resistente, il brevetto europeo (non azionato in giudizio), la cui domanda aveva inizialmente ambito identico al titolo italiano, era stato concesso soltanto in virtù di drastiche riformulazioni delle rivendicazioni, a seguito di rilievi sollevati dall’esaminatore con riguardo alla carenza di novità, altezza inventiva e sufficiente descrizione, tali da far ritenere verosimile l’invalidità del titolo nazionale, rimasto invece nella formulazione originaria.

A tale considerazione doveva aggiungersi quella per cui i beni, oggetto dell’allegata contraffazione, erano pacificamente reperibili sul suolo italiano, con costi senz’altro inferiori “rispetto a quelli verosimilmente necessari per l’esecuzione della richiesta misura all’estero”; talché la misura richiesta non solo non appariva “necessaria” per l’acquisizione della prova, ma appariva anche non “equa” né “proporzionata”, ma anzi “inutilmente complessa e costosa”.

Nel rigettare il provvedimento, il Giudice ha posto le spese a carico del ricorrente.

NB: L’autore non è a conoscenza di eventuali impugnazioni dell’ordinanza qui in commento.

[1] Individuato come competente ex art. 120 comma 2 C.p.i. e anche in base al criterio del forum commissi delicti.

[2] Solo a far data dal 1 luglio 2008, ogni domanda di brevetto per invenzione che non richieda priorità è soggetta a una ricerca di anteriorità effettuata dall’Ufficio Europeo dei Brevetti sulla base di un accordo siglato da questi con l’UIBM.

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