La Cassazione sulla revoca della concessione del diritto all’utilizzo dell’immagine altrui

Con sentenza dello scorso 29 gennaio, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa in materia di diritto all’immagine e relativo sfruttamento economico. La controversia sottopostale ha riguardato l’asserita illegittimità dell’uso in ambito pubblicitario dell’immagine di un’attrice da parte della Segafredo Zanetti S.p.A., società italiana leader nel settore del caffè, in quanto avvenuta in assenza del necessario consenso della stessa.

Nello specifico, quest’ultima aveva convenuto Segafredo davanti al Tribunale di Bologna, chiedendo, oltre all’accertamento dell’illiceità dell’uso della propria immagine, il risarcimento dei danni subiti, nonché la rimozione e distruzione di tutto il materiale riproducente la stessa immagine. Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato le domande, ritenendo che la convenuta avesse acquisito il diritto all’uso dell’immagine dell’attrice da una società terza straniera con cui quest’ultima aveva stipulato un contratto nel 2000. Il successivo appello dell’attrice davanti alla Corte d’Appello di Bologna era stato a sua volta rigettato in quanto ritenuto inammissibile.

L’attrice aveva allora proposto ricorso per cassazione, lamentando, inter alia, l’omesso esame da parte dei giudici di fatti decisivi per il giudizio. In particolare ella rilevava: i) di aver revocato il consenso all’utilizzo della propria immagine nel 2007, mediante recesso dal contratto stipulato con la società straniera, e di aver conseguentemente diffidato detta società e Segafredo dall’utilizzare in qualsiasi modo la propria immagine; ii) che, a dispetto di detta diffida, Segafredo aveva continuato a utilizzare senza titolo la sua immagine; iii) e che, in ogni caso, Segafredo nel corso del giudizio non aveva dimostrato in alcun modo di essersi resa cessionaria dei relativi diritti di utilizzazione della sua immagine.

La Suprema Corte ha parzialmente accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Bologna, sulla base dei motivi che seguono.

La Corte ha innanzitutto ricordato che, ai sensi dell’art. 10 c.c., degli artt. 96 e 97 della legge sul diritto d’autore, nonché dell’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, la divulgazione dell’immagine altrui necessita del consenso dell’interessato, salvo che essa non avvenga per esigenze di pubblica informazione, nelle quali certamente non rientrano le finalità pubblicitarie. Ha altresì rilevato che l’eventuale consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce “un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all’immagine, che in quanto tale non può costituire oggetto di negoziazione, ma soltanto l’esercizio di tale diritto” e che, pertanto, tale consenso, “sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, resta tuttavia distinto ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene, con la conseguenza che esso è sempre revocabile, quale che sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita ed a prescindere dalla pattuizione del compenso, che non costituisce un elemento del negozio autorizzativo in questione”. Ne consegue che il contratto intercorso tra l’attrice e la società terza “è da ritenersi del tutto privo di effetti, stante la rilevata prevalenza che, rispetto al vincolo contrattuale, assume la revoca del negozio unilaterale di concessione del diritto all’utilizzo dell’immagine altrui”, contrariamente a quanto stabilito dal giudice di prime cure.

La Corte ha, inoltre, evidenziato che, posto che, ai sensi dell’art. 110 l.d.a., “la trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritto”, al fine di dirimere i conflitti tra pretesi titolari del medesimo diritto di sfruttamento delle immagini, Segafredo non aveva dimostrato di essere divenuta titolare dei diritti di utilizzazione dell’immagine dell’attrice, dal momento che non aveva esibito i pretesi contratti di cessione, nemmeno a seguito di un ordine di esibizione emesso dal giudice di primo grado.

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