Equo compenso: l’inclusione nel calcolo dell’indennizzo delle copie private realizzate da fonti illegali

Nel rinvio pregiudiziale proposto dalla Corte di Cassazione dei Paesi Bassi alla Corte di Giustizia Europea (causa C-435/12), il giudice comunitario è stato chiamato ad interpretare l’articolo 5 della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione. Ivi si dispone che gli Stati membri possano introdurre nel diritto nazionale un’eccezione al diritto esclusivo di riproduzione dei titolari dei diritti, consentendo la c.d. copia privata, a condizione che i titolari dei diritti siano indennizzati mediante un “equo compenso”. In Italia, il meccanismo è applicato sin dal 1992, sebbene sia oggi regolato dalle norme introdotte in attuazione della Direttiva appena menzionata con D. lgs. 68/2003, e prevede che autori e titolari di diritti connessi percepiscano una royalty sulle vendite di apparecchi e supporti di registrazione, pagata da fabbricanti e importatori di tali prodotti (ma naturalmente “scaricata” sull’acquirente finale come componente del prezzo di vendita) e riscosse e in seguito ripartite dalla SIAE.

La questione presentata alla Corte verte nello specifico sulle modalità di calcolo dell’equo compenso, in particolare sulla questione se l’importo del prelievo dovuto per la realizzazione di copie private di un’opera protetta debba o meno tener conto, oltre che delle copie realizzate a partire da fonti legali, anche delle riproduzioni realizzate da fonti riprodotte illegalmente.

La Corte chiarisce fin da subito che la direttiva in questione non può essere interpretata nel senso di ammettere che la normativa nazionale non faccia distinzione tra copie private realizzate a partire da fonti legali e copie realizzate invece da fonti illegali. Questo significherebbe, infatti, accettare all’interno dell’ordinamento queste ultime, incoraggiando così la circolazione delle opere contraffatte o riprodotte abusivamente e diminuendo necessariamente il volume delle vendite o delle altre transazioni legali relative alle opere protette. La Corte, interrogata esplicitamente sul punto, aggiunge inoltre che il fatto che non esista alcuna misura tecnologica applicabile per contrastare la realizzazione di copie private illegali non può in alcun modo intaccare tale principio.

Certo è che la mancata inclusione nel calcolo del compenso delle copie provenienti da fonti illegali diminuisce di fatto l’entità del compenso percepibile dai titolari dei diritti. Nel sistema del prelievo, come sottolinea la Corte, è tuttavia necessario bilanciare sia i diritti e gli interessi degli autori (in quanto beneficiari), sia quelli degli utenti dei materiali protetti. Tener conto nel calcolo dell’equo compenso del pregiudizio eventualmente derivante ai titolari di diritti d’autore avrebbe, di fatto, conseguenze sul prezzo che gli utenti di materiali protetti pagano nel momento in cui vengono loro messi a disposizione apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione che consentono la realizzazione di copie private.  Il costo della riproduzione derivante da copie illecite graverebbe quindi indistintamente anche sugli utenti che utilizzano tali dispositivi per copie private da fonti legittime, comportando per gli stessi un costo supplementare non indifferente.

Per tutti i motivi esposti nella sentenza, la Corte afferma quindi che l’art. 5 della direttiva 2001/29/CE va interpretato nel senso che tale articolo “osta ad una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non fa distinzione tra la situazione in cui la fonte a partire dalla quale una riproduzione per uso privato è realizzata è legale e la situazione in cui tale fonte è illegale”.

Per quanto riguarda infine le possibili conseguenze di tale sentenza per l’Italia, si premette che la normativa italiana che regola l’entità del compenso esclude già l’applicazione dell’eccezione relativa alla copia privata alle riproduzioni realizzate a partire da fonti illecite (come specificato anche nelle conclusioni della causa in oggetto dall’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalón) e sembra pertanto essere in linea con la normativa europea e la giurisprudenza della Corte. Tuttavia recentemente è sorto un forte dibattito sul tema “equo compenso”: la Siae ha infatti sollecitato il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ad aggiornare il DM del 30.12.2009 relativo alla determinazione della misura del compenso per copia privata, al fine di adeguarne l’entità all’evoluzione tecnologica degli ultimi anni. Non vi è dubbio che tale adeguamento verrà discusso e analizzato nelle sedi competenti tenendo conto della recente giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia.

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